Il bar del 2050

3 min
back future

Da sempre nutro una grande ammirazione verso quel geniale imprenditore che risponde al nome di Adriano Olivetti. Sì, proprio quello che, di fatto, nella prima metà del secolo scorso inventò la prima macchina da scrivere portatile ed i primi calcolatori elettronici, progenitori dei moderni pc.

Olivetti iniziò la sua carriera lavorando come operaio nella fabbrica fondata dal padre, per poi andare negli Stati Uniti, dove oltre a proseguire i suoi studi, ebbe modo di far visita a numerose fabbriche, tra cui quella di Ford.

Un negozio Olivetti

In quell’occasione, si accorse di quanto fosse importante dotarsi di metodi scientifici di organizzazione del lavoro e di ottimizzazione della catena produttiva.

Ma la sua incredibile storia non si limitò a questo.

Fu un uomo che anticipò le tendenze e vide letteralmente il futuro: se guardate la foto di uno dei suoi negozi di allora, vi accorgerete di quanto il suo design sia oggi incredibilmente attuale.

Inoltre, portò all’interno della sua azienda l’idea di felicità collettiva, basata sulla ricerca di equilibrio tra profitto e solidarietà sociale, indipendente dall’appartenenza politica, dal credo religioso o dalla classe di provenienza.

Fu il primo imprenditore italiano a porre l’essere umano al centro dell’azienda, ribaltando il modello dell’uomo-macchina tipico della prima fase dell’industrializzazione, per rivendicare l’importanza della felicità di ogni individuo all’interno di una comunità etica.

«Io voglio che la Olivetti non sia solo una fabbrica, ma un modello, uno stile di vita. Voglio che produca libertà e bellezza perché saranno loro, libertà e bellezza, a dirci come essere felici!»

Per lui, tutte le componenti dell’azienda erano parti integranti dello stesso ecosistema, ma soprattutto i manager erano chiamati a capire le durezze del lavoro e della vita di chi lavorava in produzione, per essere in grado di immaginare una crescita economica, che impattasse positivamente anche sulla qualità della loro vita.

Non a caso, i suoi operai avevano stipendi superiori alla media, godevano di convenzioni per case e asili accanto alla fabbrica, una biblioteca interna con libri da poter leggere durante le pause.

In epoca moderna, in Italia, è Brunello Cucinelli, titolare dell’omonima azienda di cashmere celebre in tutto il mondo, a portare avanti un concetto pressoché identico a quello di Olivetti, chiamato capitalismo umanistico, ricreando Solomeo, un borgo paradisiaco tra le colline umbre, con tanto di biblioteca, teatro e scuola dei mestieri in cui, per tutti gli abitanti e dipendenti, vita e lavoro sembrano aver trovato il perfetto equilibrio.

«Da noi dopo le 17 si ha il permesso di non rispondere a sms o mail aziendali. Per quanto riguarda la qualità delle relazioni umane, abbiano una regola molto semplice: chi offende qualcuno, a parole o con il suo comportamento o atteggiamento, viene gentilmente accompagnato alla porta dell’azienda»

Ora, perché non provare ad immaginare il bar del futuro come un luogo di efficienza, visione e progettualità, in cui i dipendenti contribuiscano a portare profitto ma allo stesso tempo, a tutti i livelli, gli siano fornite le condizioni per sentirsi appagati e utili ad uno scopo, come persone e come professionisti?

I piccoli imprenditori che (ri)apriranno i loro cocktail bar hanno il dovere di interrogarsi sul tipo di imprenditore che vogliono diventare nei prossimi anni e mettere in pratica intelligenti politiche dei piccoli passi, per arrivare a costruire con le giuste proporzioni il loro “borgo paradisiaco” direttamente tra le mura del proprio locale.

Il mercato li premierà insieme al proprio team che, più soddisfatto e motivato, assicurerà performance migliori.

Il settore dell’ospitalità ha l’occasione di mettere da parte tutti quei modelli di business che da tempo si sono mostrati insostenibili e anacronistici, per ambire a costruire attività che siano più simili al mondo che troveranno là fuori quando la pandemia sarà alle spalle, un mondo in cui le persone torneranno nuovamente al centro.

Ora che hai letto fino in fondo questo articolo, ti chiedo di farmi sapere cosa ne pensi. Se sei un bartender: come vorresti fosse il tuo posto di lavoro? Se sei un imprenditore: lavori già in questa direzione? Che cosa fai di concreto per rendere il tuo bar un posto di lavoro dove i tuoi dipendenti si sentono valorizzati?

Se ti va, apri una discussione all’interno del mio gruppo facebook COCKTAIL ENGINEERING PRO! Se non sei ancora iscritto alla community clicca qui. Ti aspetto.

Buona Miscelazione,
Giovanni

Autore

  • Giovanni Ceccarelli

    Sono l'ideatore e coordinatore del blog e del progetto Cocktail Engineering. Per pagarmi gli studi universitari dal 2007 ho iniziato a lavorare come bartender in diversi locali tra Pesaro, Fano e la Riviera romagnola. Nel 2010 mi sono laureato in Ingegneria Energetica (ben presto ho capito che questa non era la mia strada). Dal 2011 sono docente in Drink Factory nei corsi di Miscelazione Avanzata e Preparazioni Home made. Dal 2013 al 2016 ho scritto di scienza e cocktail sulla rivista BarTales. Nel 2016 ho aperto questo blog e lavoro come consulente per Vargros per il quale seleziono spezie ed altri ingredienti.

Autore
Giovanni CeccarelliDivulgatore, docente, consulente

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